“Fuori non è ancora così” di Miriam D’Ambrosio | Recensione
Sopravvivi all’aspirazione di una rinascita. Sopporti la vita e ti rimbocchi le maniche. Il limite è nel perimetro delle pareti. Dentro respiri il tormento, vorresti la fuga, ma resti ed impari. Scegli di conoscere più cose, specie quelle importanti che potrebbero portarti alla svolta. Ti impegni, il primo passo da fare è questo. Poi, segui tutti i verbi che ti serviranno per sottrarre alla vita le rovine. Hai dimora in una città che non è la tua, cerchi la tua fortuna. Ti aiuti e non ti aiuta nessuno. Sterile è la terra che non accoglie, che secca la speranza e interrompe i sogni. Acceleri il passo per non restare indietro. La vita è infame con chi ha più di una croce da portare sulle spalle. Sei un uomo, un padre di famiglia, un fratello che costruisce il futuro su un terreno sbriciolato che produce ferite e preghiere. All’inizio cresci tra le classi, impari la distinzione tra quelle socio-culturali, ma poi ritorni in classe per dare un ordine alle sfide che la quotidianità impone con la sua schietta ferocia. Se vuoi difenderti, e bene, imparare a realizzare i tuoi sogni. È un invito che fai a te stesso per non soccombere sotto la volontà di chi ti vuole fedele al potere e povero in canna.
In Fuori non è ancora così Voci di una classe multietnica di Miriam D’Ambrosio entri in una scuola professionale che permette a diciotto ragazzi, che vengono da ogni parte del mondo, a imparare un mestiere. Saranno operai metalmeccanici, operai specializzati. Sono pieni di sogni e di paure e li raccontano alla loro professoressa di italiano. Nella “pausa letteratura” incontrano altri personaggi straordinari: scrittori, intellettuali, artisti. Personaggi che anche loro parlano di lutti, di futuro, di cosa significhi sentirsi stranieri in terra straniera. Sono vita di una classe, un anno di scuola, fino alla linea d’ombra, da cui comincia un altro viaggio: quello della vita vera, sudata, faticata.
Il romanzo è semplice nella scrittura e nella struttura narrativa. La storia è fatta di difficoltà vissuta, sentita, da affrontare. Lo stile è lineare, senza né slanci né fatica dell’incanto.

